Gli inglesi giungono a San Ginesio

Di Ettore Aulisio

GLI INGLESI

In un grigio pomeriggio, forse di dicembre, un gruppetto di noi bambini erano in piazza davanti alla Banca Popolare: ad un tratto da dietro la Collegiata apparve una Jeep, la prima di un convoglio militare, si fermò proprio davanti a noi. Dalla jeep scese un soldato dai baffi un po’ rossicci, aveva la faccia simpatica che, però, mi diventò subito antipatica: dopo essersi un po’ stiracchiato e guardato distrattamente intorno, si rivolse a noi bambini dicendoci “Fic Fic? Dove fic fic?”. Gli altri bambini non capirono cosa chiedesse, ma io si, cercava qualche prostituta. Dopo qualche istante di incertezza lo spedimmo da una del mestiere che abitava vicino alle Carceri, era una bella ragazza, qualcuno diceva che era la più bella ragazza del paese, quando c’erano i militari lavorava parecchio e si faceva dare una mano dalla madre, una donna già avanti negli anni, vestita di nero e dai capelli grigi che aveva già tirato fuori le armi del mestiere quando, mesi prima, a San Ginesio c’erano stati i tedeschi, le SS italiane e poi i soldati della Nembo.

IL SERGENTE ANGLO ITALIANO.

Il primo contatto con gli alleati liberatori non fu dei migliori, peggiore fu il secondo.

Per gli Inglesi erano state requisite le aule della scuola e la mia classe doveva fare il turno di pomeriggio in un’aula che si trovava dietro ad una porta a sinistra, nel porticato, appena entrati nell’edificio scolastico [molti anni dopo quei locali furono la sede della Corale].

Un pomeriggio, mentre aspettavamo che Primetto, un mutilato della prima guerra mondiale che faceva il bidello, ci venisse ad aprire, giunse un drappello di soldati Inglesi, tutti armati di fucile, comandati da un Sergente Maggiore d’origine italiana. Entrarono nell’edificio scolastico con passo cadenzato e si diressero subito verso un’altra porta in fondo al porticato. La porta era chiusa, allora il sergente si arrabbiò e cominciò a scuoterla dicendo in perfetto italiano “italiani imbecilli, italiani cretini”. Certamente non lo diceva per i suoi soldati che non capivano l’italiano, ma per noi che eravamo presenti. Ci rimanemmo molto male e in silenzio ci stringemmo intorno alla maestra, in questo modo non ci avevano trattato neppure i tedeschi, forse per questo gli inglesi mi sono rimasti antipatici. Nei giorni seguenti la scuola fu sospesa e non vedemmo più in giro quel furioso sergente di origini italiane. Io però riuscii a fare amicizia con un caporale, come Bepi faceva il magazziniere, ma non il cuoco anche se aveva a disposizione una stanzetta con il camino. Ma di lui parlerò un’altra volta.

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Pubblicato da sanginesio

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